I libri di narrativa "Roma - Bruxelles solo andata" e "Paragraphe" già pubblicati sono disponibili su lulu.com

4 NOVEMBRE.
Il soffitto si sta impregnando di fumo mentre la voce di Lou Reed graffia le casse del mio stereo. Un'ancora nella palude. Non so se riflettere o tornare a guardare l'ultima fotografia. Non mi va di essere triste, ma questa sera sono ko! Sto per ripartire, ma il mio tempo è fermo. Qualcun altro starà volando con le sue ali, ed io mi accontenterò di un'altra sigaretta amara. C'è chi mi ha visto sorridere e non crederà a quello che ho appena scritto. Può una banale incomprensione spezzare un sogno? Forse è tutto un gioco, non bisogna prenderla sul serio, ma come spiegare questo alla mia mente? È giunta l'ora di ricominciare. Guardo oltre la finestra, già chiusa e sbarrata per il freddo che è appena arrivato. Fuori fa freddo ed io resto qui a pensare.

BLACKBOOK.
Era il 23 luglio. Forse quella data gli rimarrà impressa nella mente, e ricorderà di aver promesso, di aver scritto un bel pezzo che non ha poi pubblicato. Ma che ancora ricorda, e che gli ricorda una scena del tempo che fu. Ora è passato del tempo, quasi un anno alle sue spalle. E riscopre quel fogliaccio dove aveva appuntato il testo di quella canzone che racconta, che dice più o meno così: "Non cercare nomi sul mio blackbook, non ho guardato nessuna stasera, l'autobus andava così lentamente, troppe fermate, non capivo niente, con gli occhi appannati, non avrei potuto neanche se l'avessi voluto…stanchi sentieri di gelosia ora attraversano la mente tua, ma da domani non sarà così…". Così ricorda la dolce Lucy, appunto la sua "sweet Lucy", e dice buonanotte alla sua gelosia, sempre alla scoperta di qualche indizio che saltasse fuori dalla sua agendina, quell'agendina nera che non conteneva solo amici, così come invece diceva a lei. Ma ricorda anche quando in una piazza vuota ballavano insieme sulle note di una musica lontana, quando ancora non apparteneva a lei, e lei era ancora nel suo blackbook: è meglio essere due amanti segreti, piuttosto che rimproverarsi l'un l'altro. Buonanotte ai loro peccati, questa sarà l'ultima notte in cui l'amerà.

CRISI D'IDENTITA'.
Un cruccio, un solo cruccio. Almeno così, si fa per dire. Bastava un attimo più in là e avrebbe messo qualche mattone sulla sua costruzione, o almeno avrebbe spazzato via la torre di un castello che ha ben salde fondamenta dentro al cuore. Ma ha lasciato che anche quest'altra gli ronzasse intorno, dimostrasse interesse fino a salutare dopo un'inutile attesa. Eppure non era mai stato così. Era difficile che gli sfuggissero occasioni del genere; spesso chiedeva perdono al suo amore di turno per essersi sbilanciato troppo, sotto effetto dell'alcool: almeno così, si fa per dire. Ma questa volta l'alcool non funziona, forse non ha mai avuto effetto con lui; lui che ha sempre agito consapevolmente ed oggi è consapevole di aver sbagliato, proprio come qualche settimana fa, proprio come gli succede appena cerca di spostare quel che gli sta addosso. Ma non ha la forza. E si porta dietro questo cruccio…ma la colpa di chi è?

FORMIDABLE!
Le bombe alla metro di Montparnasse non ci spaventano. O meglio non devono spaventarci. Proprio mentre qualcuno si tira indietro. All'ultimo minuto. E subito dopo aver respirato l'aria natalizia. Non c'è più niente che possa distrarci. Il pensiero è fisso. Ed i preparativi fervono ormai da qualche giorno. L'atrio della stazione ci proietta la nostra direzione. Ed il treno che ci porterà lontano dalla Calabria passerà per il secondo binario. Il settore B è vuoto. Non sarà allo stesso modo la nostra carrozza. Zaini sulle spalle, il posto è prenotato. Si può partire. Tre cubiste di Torre Annunziata viaggiano nel nostro scomparto. Senza prenotazione. Faremo spazio noi. E due fratelli romani al rientro dalle vacanze dai nonni in Calabria. Tutti assonnati. Norge tira fuori la sua consueta parlantina. Con tutti. Qualcuno sonnecchia sotto il cappellino e gli occhiali da sole. Giank già dorme da un pezzo. Tra una risata e l'altra ci soffermiamo sul corpo di una delle tre. Più di una volta. La carnagione ed i capelli scuri di lei risaltano dalla sua maglia bianca. Da non perdere. Vengono da una settimana di lavoro in Sicilia. I due fratelli forse hanno appena fatto la comunione. Guardano il mare ed il cielo. A Napoli si cambia. E le tre sono rimpiazzate. Per modo di dire. Una rossa di Enna studia a Napoli, vive a Roma. Farà un breve tratto di strada con noi. Simpatica, niente di più. Finalmente a Roma. Salutiamo gli amici della prima parte del viaggio. Loro passeranno il capodanno a Roma. Noi ci prepariamo ad attraversare le Alpi. Innevate. Qualcuno meno dedito all'avventura avrà scelto la formula Juvenilia. Tutto compreso. Noi facciamo tutto da soli. Un'enorme scritta Wagons-lits ci indica la strada da percorrere. Si parte da Termini alle 19.15 con l'Euronight. E con il solito ritardo. Via Pisa, Torino, poi Modane, et voilà la France! Arrivati a Lyon si capisce subito che il freddo fa sul serio. Neve. Ed un signore ci spiega che da quasi trent'anni il termometro non scendeva così in basso. Ancora neve. Le scorte sono ancora abbondanti, e ci permettono una nutriente colazione. Anche quando il pranzo diventa un optional, qui a Parigi. Eccoci arrivati, la Gare de Lyon ci proietta nella gabbia metropolitana, un paio di linee su cui saltare prima dell'arrivo al piccolo Grand Hotel de Turin. Una mappa in bianco e nero consiglia la discesa a Saint Georges, più tardi è solo una scritta di comodo, pubblicitaria: il nostro alberghetto è dentro Pigalle. Una cordiale accogliente signora, da dietro il banco della reception, sorride per darci il benvenuto. Chiede notizie del quarto componente, che è rimasto indietro, con una gamba fasciata, si dice. E poi ci informa, notizie sul tempo e sui dintorni. Scale a chiocciola fino alla nostra camera in fondo al corridoio, il terrazzino mostra l'insegna dell'hotel, e funge da frigo per le nostre bevande e per i nostri YOP mattutini. Da bravi ragazzi diamo il via alla nostra 10 giorni parigina, dei giovani artisti avrebbero scelto un altro quartiere. Oltrepassata la porta a vetri, piccola traversa sulla destra, siamo nel bel mezzo di Pigalle. Quick ci ristora e mette pace all'appetito di Giank. Tra porno e pic show, buttadentro ci propongono un'indimenticabile serata. Alla loro scopa rispondiamo picche. Un piccolo bimbo di colore sembra innocuo; qualche metro più avanti tenta uno scippo in piena regola ed alla luce del sole. Poco più tardi si accendono le insegne luminose dei locali. Di luci rosse è addobbato anche il Mc Donald, e non si tratta di un richiamo alle feste natalizie. La metro ci sposta in zona Concorde, per scendere poi sui Campi Elisi fino all'Arco, ma quanto cammino. Norge è instancabile, mentre il gelo ghiaccia le fontane che specchiano le luci delle vetrine più eleganti. In chiusura. Due ragazze belghe accettano l'invito di uno scatto fotografico, coi loro sorrisi tra i fasci di luci che riempiono i lati degli Champs-Elysées, sugli alberi in fila. Il Megastore è il perfetto sostituto di un café, tra migliaia di giovani pronti a parlare di musica, o ad attaccare bottone per sfilare un semplice rendez-vous all'indomani, proprio davanti l'ingresso principale. Nonostante il Norge non accetti di parlare di reggae, ed allora risponde Pantera. Giank, invece, perde tempo utile ogni mattina ed il ritardo è cosa fatta. Si aprono le danze, spazio alla storia, fatta di chiese e campanili, finché il freddo ci sbatte dentro inutili negozi; poi in un bistrot, per la solita porzione di riso, come vuole il Norge, e per buttare nello stomaco una calda e piccante zuppa del giorno. Primo vero giorno parigino di una nostra vacanza piccante.

FRAMMENTI.
"Causa bufera e unico mezzo di locomozione arti inferiori, per di più per permanenza limitata, rimandiamo uscita a breve termine…buona serata e a presto".

IL SUO LOCALE.
Il locale è immerso in una luce fioca, qualcuno strimpella una chitarra sul palco, ed ecco il suo sguardo si volta perché lui sta entrando con le mani nella giacca e il sigaro tra i denti, in una nuvola di fumo scende le scale e volge uno sguardo, un facile saluto. Dietro di lui un altro fuma allegramente un sigaro ma lei non ci fa caso e continua a seguire la sua camminata. Personaggio da tavolo saluta qualche conoscente, toglie il peso della giacca e il calore di una sciarpa nera che gli impedisce di parlare. Stringe la mano a qualcuno, gli chiedono un'ordinazione ma lui andrà a prenderla da solo non appena avrà terminato il suo sigaro. Ecco tre gradini in su ed il bancone è lì e lui chiede il solito. Ogni scusa è buona per allungare il discorso e spillare la solita pinta al doppio malto ed ogni parola si aggiunge alle frasi che si scambiano in questi veloci sprazzi di incontro. Il tutto non è una farsa, forse qualcosa sta nascendo ma lui crede non sia il posto giusto, e si allontana; ora padroneggia tra i tavoli, contratta col chitarrista qualche pezzo a richiesta e crea una nuova atmosfera nel suo locale. Così può finalmente immergersi nel suo tavolo carico di birre e amici, e può abbracciare donne e sigarette. Sguardi si scambiano tra i due così vicini e così lontani fino a dimenticarsi di essere lì ad un passo. Buttare giù qualche frase in discorsi da bar intramezzati da piacevoli canzoni, poi due salti in pista rock prima di guadagnare le scale che portano alla zona di scarico. Ma prima è giusto conoscere tre chiome bionde ospiti del locale che gli si presentano gratuitamente di fronte a lui; non può fare a meno di essere cortese ed accogliente ad intrattenerle per più di mezz'ora fino ad organizzare una sorta di appuntamento. Uscito dalla zona alta ritrova la sua schiena e le chiede il perché di questa pausa con bicchiere pieno. Lei sorseggia qualcosa e si volta a metà, sorridente più di prima. Lui va via e dopo un breve minuto ritorna alle zone alte. Cosa starà combinando si chiede lei ed anzi gli rivolge una domanda del genere. Lui va dritto rispondendo con un sorriso. Passa altro tempo e lui non la ritrova più lì, lei è di nuovo al solito posto e allora non resta che abbandonare il locale nell'ultima nuvola di fumo di una semplice sigaretta. Salutando tutti per poi mandarle un bacio perché lei è più di ogni altra lì dentro ma lei forse non ci crede, ma sorride. Giacca sulle spalle, la sciarpa non serve più, fa freddo fuori ma la sua testa va in ebollizione. Qualcosa succederà? Per ora è meglio prendere la via di casa e dirottare i pensieri su qualcos'altro che non sia lei.

LA GUERRA DEI SENSI.
E così arriva la notte. Brillano ancora i capelli rossi di lei, ma la notte è già arrivata, appena rientra a casa e lascia cadere i vestiti sul divano. E di lei non resta altro che il gusto dell'ultima birra della serata. E così, come un guerriero, torna a scoprire la sua vecchia armatura. Ha combattuto tante volte, ma questa è forse la sfida più importante. Conquistarne una e dimenticarne un'altra. Non un'altra qualsiasi, ma la prima della lista, e forse l'unica. L'unica che lo farà star sveglio fino al mattino. Fin quando le campane suoneranno a festa, e quello lì sarà un giorno da vivere fino in fondo con lo spirito da guerriero.

LUCE FIOCA.
Disegno la tua ombra sul muro, ma è solo uno strano pensiero della mia testa.

NON-STOP.
Ogni volta che chiudo questa penna, la riapro subito. Per scrivere di te. Non mi fermerò più.

NOTTE SUL PASSATO.
Ha già deciso, ha detto basta. Questa sera ha detto basta alla frenesia degli ultimi giorni, delle ultime ore. Ha staccato la spina, è ora di rifarsi, rifarsi una vita. E mentre sul suo comodino restano due libri già letti, o è solo un'impressione vederli ingialliti sotto la luce della lampada, lui è deciso a smettere. È ora di riflettere sorseggiando un tè delle 5 con qualche ora di ritardo. È un sabato sera diverso da quello scorso, diverso da tutti gli altri normalissimi, divertenti e fottutissimi sabato sera. Il cellulare resta in silenzio al suo solito posto: presto anche lui andrà a dormire e lascerà che il mondo esterno chiami senza trovare risposte. Il tè ti porta giusto a riflettere. Così lui dice. Consultare l'agenda non è più d'uso, è ormai finito il tempo delle feste e delle serate in pompa magna. C'è da chiedersi anche questo. Certo, prendere l'agenda e prendersi in giro non è proprio il caso in una serata come questa, in cui tutta la gente corre fuori a divertirsi dopo una settimana vissuta dentro i soliti schemi, e mentre un'emittente privata suona i pezzi più stupidi della hit-parade. Lui non ha uno schema. E questa notte vuole fermarsi, sostare nella sua cucina, poggiarsi sul letto e pensare al futuro. Pensare che in qualche angolo della città, c'è un artista che, nota dopo nota, sforna un pezzo musicale follemente romantico e dolcemente rasta, spinto dall'ebbrezza di uno schioppo di fumo. Invece lui ha già spento la sua ultima sigaretta, non l'ultima del pacchetto, ma l'ultima, l'ultima che fumerà. È una promessa o una scommessa? C'è da chiedersi anche questo. Orario insolito per un tè, momento topico per chiudere con il passato. La stanchezza si sente, ma tutte le vicende passate pesano come un macigno sulla porta che vorrebbe sbattere contro. Basta "accettare, cogliere le cose migliori", sono queste le frasi che gli vengono appioppate. Ma nessuno crede che una persona possa stare male pur avendo tutto? O quasi tutto? Preparare una valigia è una fatica incredibile oggi, è meglio sbrigare i prossimi impegni di qui a un mese e poi decidere se partire o meno. Partire senza sapere, alla ricerca di un'improbabile soluzione. Oppure rimanere fermo qua e dimenticare per sempre. C'è da chiedersi anche questo. Ora la radio passa qualche pezzo migliore, ma giusto per accompagnarlo fino alle sue coperte, e solo dopo aver controllato la camicia già pronta e stirata per l'indomani. Sta per passare l'ultimo spezzone di questa giornata, in cui è facile ricordare, ma è più facile smettere. Lui è in gara per fare questo. Così spegne l'ultima luce di questo spento sabato sera, e affonda la sua testa pensierosa nel cuscino. È notte, una notte diversa dalle altre.

PREPARAZIONE SPIRITUALE.
Non è usuale ascoltare il sibilo di un vecchio vinile di David Bowie, forse è datato 1974, e gira sul piatto del suo hi-fi. È il momento in cui ti va di ascoltare il Duca bianco, e così sia. Facendo soffrire quel vecchio long-playing sotto una puntina ormai da sostituire. Questa strana carica emozionale lo riempirà di energie così da poter affrontare la scena a muso duro. Non teme il pubblico, teme sé stesso; sa di non aver perso nulla per strada, di aver racimolato un gruzzoletto di occasioni, ma è in cerca di una consacrazione che lo faccia scatenare sul palco. È ancora lì, nel suo appartamento, prima periferia della città, e sa di dover reggere l'euforia delle vie del centro, passare dal delicato rumore del suo stereo alle voci assordanti della gente che in queste ore sta affollando i locali notturni. Per i primissimi drinks. Aver già fatto una vita del genere da spettatore, ed ora dall'altra parte di quel piccolo mondo. O forse è ancora lui lo spettatore. Aspetta di guardare sé stesso; osserverà lo sguardo degli altri, ma forse non ci farà caso. Più di tanto. L'ultima carica di adrenalina giunge da una telefonata amica; se non arriva nessun altro messaggio si potrà partire. Anzi no, un salto da un vecchio amico d'infanzia per bere un sacrosanto bicchiere. L'attesa non è lunga, la città è molto piccola. Pezzi di fotografie, lanciati fuori da un cassetto, ricordano il passato, ma il buon vino riesce subito ad offuscare i ricordi. È ora di correre via. Il locale è zeppo, ma nessuno si stupirebbe di ciò. È la sua notte, ultimo giovedì del mese. L'artista lo aspetta sul retro del palco, continuando a ripassare gli arrangiamenti che verranno creati dalla sua tastiera. Il resto della banda e gli uomini di supporto sono già pronti ai loro posti di combattimento. È guerra, e così sia.

RIPARTENZA.
A mezzo metro di distanza sta decollando un jet privato. Rof continua a telefonare. Ha in mano una fotografia: vuole tornare in Olanda.

SENZA FRENI.
Mi ha detto di prenderla con me e di portarla via, le ho risposto: Andiamo a Praga!! (in macchina)

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